Grida

Santo Domingo

Seminascosto, guardavo dalla finestra della mia stanza al primo e unico piano dell’albergo. Mi affacciavo su una strada chiassosa. C’erano bancarelle, venditori e gente che vociava. In particolare mi colpiva una donna. A volte se ne stava seduta su un cartone, in terra, ma piu’ spesso camminava in su e in giù nervosamente. Indossava un abitino leggero, sempre lo stesso – più una sottana che un abito – e portava sulla spalla un piccolo asciugamano. Probabilmente era tutto ciò che aveva.

Stimai che avesse circa quaranta anni. Aveva capelli corti e bruni, e la pelle abbronzata di una mulatta muscolosa. Andava sempre a piedi nudi.

Il caldo e l’umidità erano insopportabili e la donna di tanto in tanto tergeva il sudore con l’asciugamano, poi gridava verso il cielo due parole, per me incomprensibili, e allo stesso tempo batteva ritmicamente il suolo con un bastone di metallo. Dopo pochi secondi, asciugava di nuovo il sudore e urlava le stesse due parole battendo con il bastone. Ancora e ancora si ripeteva quell’ossessivo cerimoniale.

Nei rari momenti in cui era tranquilla, aveva un aspetto gradevole, a tratti persino dolce, ma poi le strilla ricominciavano e un ghigno folle le trasformava il volto. Nessuno le prestava attenzione, o così mi sembrò. Eppure, ascoltarla era tutt’altro che piacevole, per non parlare del clamore del bastone che pestava sull’asfalto. Quando si faceva sera, i venditori se ne andavano e lei rimaneva a frugare tra i rifiuti, litigando con i cani per un po’ di cibo.

Di notte, gradualmente si zittiva, si sdraiava sul marciapiede e chiudeva gli occhi. Immagino che si addormentasse. Al mattino i passanti nemmeno la guardavano , come avrebbero fatto con uno dei tanti cani randagi del posto.

Le due parole che lei gridava divennero per me un mistero intrigante. Avevano un ritmo. Erano quasi un canto. Cercai di scoprire chi fosse quella donna e cosa significassero quelle parole, ma le persone a cui chiedevo ridevano senza rispondere.

Venni a conoscenza della verità solo il giorno della mia partenza, sulla strada che portava all’aeroporto. Riccardo guidava un tassì. Lo chiamavo ogni volta che mi trovavo a Santo Domingo. Mi spiegò che la prima delle due parole era il nome del marito, che qualche anno prima l’aveva lasciata per un’altra donna, e la seconda era il nome di un santo che lei invocava per ottenere misericordia e giustizia, cioè una terribile punizione per l’uomo che l’aveva tradita.

Era una povera donna, devastata da un matrimonio andato a male. Le erano rimaste solo la sua miseria e le sue grida selvagge.

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